Il mostro di Milano: carry on mister Antonio Boggia!


Seconda puntata

Il mostro di Milano: carry on mister Antonio Boggia!


In questa seconda puntata del racconto delle imprese scellerate del mostro di Milano Antonio Boggia vedremo quali altri atroci nefandezze commise il Nostro. 

In particolare vedremo come riuscì con abili stratagemmi ad attirare a distanza di poco tempo due onesti ma ingenui giovanotti nel suo lurido covo in via Bagnera, come questi furono barbaramente uccisi e derubati delle loro misere sostanze, come le inchieste aperte su questi due casi non approdarono a nulla e come infine il Boggia fu arrestato dalla polizia e segregato in manicomio da cui però uscì tornando a essere uccel di bosco.
 
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Avvoltoio di bosco

La seconda vittima: la breve ma edificante storia di Giovanni Marchesotti
 
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And one...and two...and one two three four

La seconda vittima dell’astuto Boggia fu un ricco commerciante di granaglie, un certo Giovanni Marchesotti.

Attirato il 15 gennaio 1850 con una storia di facili guadagni (per ottenere i quali era però necessario un capitale iniziale di 4.000 denari) nella cantina mal ammobiliata di via Bagnera, il Marchesotti fu ucciso a colpi d’ascia dal nostro comune amico, Antonio Boggia

Le indagini sulla sua scomparsa non portarono a nulla. Alcuni anzi credettero che il Marchesotti fosse scappato deliberatamente da Milano per non dover saldare  dei debiti rimasti in sospeso. Il caso fu perciò presto archiviato. 

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L'archivistica è bella


Non c’è due senza tre: l'omicidio di Pietro Meazza
 
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Tris di delittuosi diletti

Nel 1851 il fabbro Pietro Meazza, proprietario di una bottega con alcuni dipendenti dalle parti del Carrobbio, entrò in contatto con il cittadino esemplare Antonio Boggia presentatogli da, come chiamarlo?, un suo caro amico. 

Consigliato da quest’ultimo, il Meazza rilasciò un mandato al Boggia, “uomo serio e onesto, capace come pochissimi altri a destreggiarsi negli affari”, soprattutto quelli che riguardano asce, cantine ecc, affinché amministrasse al suo posto la bottega. 

Come era prevedibile a tutti, tranne che alla vittima, la bottega fu presto venduta a un prezzo minore del suo reale valore e il buon Meazza non fu più visto da persona mortale alcuna.
 
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Non più andrai allo Stadio Meazza, o Piero Meazza!

L’occasione persa, il tentato omicidio di sir Comi
 
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Un buon caffè la mattina prima di cominciare a lavorare

Il  3 aprile 1851 il signor Boggia invitò il signor Giacomo Comi, con la scusa di farsi controllare dei conti, al solito posto: il buio seminterrato di via Bagnera.

Quando l’ignaro Comi si  chinò sullo scrittoio, quella volpe del Boggia gli assestatò un forte colpo d’ascia in testa.   

Boggia l’infingardo, tutto sicuro di sé, cominciò quindi a scavare la sua fossa (del Comi, non la sua personale).

E scavando quell’infelice ghignava digrignando i denti con una fosca espressione stampata in volto ma una profonda serenità interiore, le folte sopracciglia alzate a formare un grande arco sopra gli occhi velati di tristezza e con la voce che gli si strozzava in gola per l’emozione, dalla bocca storta in un sorriso inquietante uscì un profondo sospiro di sollievo per la buona azione appena compiuta. Dopo dure settimane di lavoro finalmente un po' di tempo per dedicarsi al suo passatempo preferito. Pare anzi abbia detto (ma non è attestato da nessuna fonte) “C’è chi ammazza il tempo e chi come me i cristiani”.  

Il moribondo però, riavutosi, ebbe la forza, tutto sanguinante, di scappare in strada, con un Boggia imbestialito alle calcagna o una bestia "boggeschita" se si preferisce.

Cosa ne avrebbe fatto una volta acciuffato quel tristo di Boggia non è difficile da immaginare, come minimo un martirio crudel. Senonché nella solitamente deserta via Bagnera passava proprio in quel momento una solerte guardia civica che liberò il buon Giacomo e fece arrestare Antonio. 


Quella vecchia lenza di Boggia convinse il giudice con un’abile recitazione e spirito mendace di essere in stato di infermità mentale.  Fu quindi rinchiuso nella Pia casa della Senavra, l’ antico ospedale psichiatrico di Milano situato poco fuori porta Vittoria (l’edificio è ancora esistente in Corso XXII Marzo)

Sottoposto a “cure mediche”  il Nostro fu rilasciato dopo pochi anni.

  
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Io almeno a quattro morti sono arrivato...


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