Milano nel cinema. I grattacieli: la Torre Galfa
Seconda puntata
Eccoci alla seconda puntata dei grattacieli che hanno fatto la storia del cinema o dei film che hanno fatto la storia dei grattacieli se preferite.
La vita agra è un film del 1964 tratto dal romanzo ampiamente
autobiografico di Luciano Bianciardi che qualche anno prima aveva avuto un
enorme successo.
Il film narra le avventure di Luciano Bianchi,
intellettuale e bibliofilo, che arriva a Milano dal suo piccolo paese di
provincia per vendicare i minatori morti in un incidente causato dalla scarsa
sicurezza sul lavoro.
Il riferimento implicito è l'esplosione di un pozzo della miniera di
Ribolla in provincia di Grosseto del 1954, in cui morirono 43 minatori.
Il piano
prevede di far esplodere la sede della compagnia, quel “torracchione di ferro e
cemento” che nella finzione del film è rappresentata dalla Torre Galfa (nel romanzo invece è il Palazzo della Montecatini).
La Torre Galfa è un grattacielo di Milano terminato
nel 1959. L'edificio alto 102 metri deve il suo nome alle vie (via Galvani e via Fara) al cui incrocio esso
sorge. Galvani + Fara = Galfa
Il palazzo venne costruito inizialmente per la società
Sarom società di raffinazione del petrolio ed era stato pensato per avere un forte impatto rappresentativo nel cuore del
centro direzionale di Milano.
Come simbolo del capitalismo arrembante diventa il bersaglio perfetto per il nostro aspirante Rivoluzionario.
Il buon Luciano è così abile da farsi assumere, sia
pure solamente in prova, dalla stessa società che vuole distruggere che
inconsapevolmente alleva così una vipera nel proprio grembo.
Nel frattempo, Luciano il bombarolo ne approfitta per conoscere e andare
a vivere insieme ad Anna, giornalista romana, sperando che la moglie nel paesello
non ne sappia mai niente. La notizia al fumicotone potrebbe far deflagrare il suo matrimonio.
Il nostro Anarchico viene però licenziato prima di poter fare il botto,
e, dopo un tentativo di diventare traduttore, entra nel mondo della pubblicità, senza però rinunciare
al suo ruolo di Vendicatore.
Tutto procede a gonfie vele finché un bel giorno arriva a Luciano una notizia esplosiva...
Due le curiosità da segnalare nel film: la comparsa di
un giovane Enzo Jannacci mentre suona la chitarra e canta la canzone L'ombrello
di mio fratello e di un “sferisterio” dove si gioca la pelota.
Il film come il romanzo da cui è tratto vuole essere
una critica al mito del boom economico (tanto per rimanere in tema) e delle sue conseguenze sulla società italiana
con tutte le sue contraddizioni e conseguenti stravolgimenti dei rapporti
interpersonali.
Contraddizioni di cui nemmeno Luciano Bianciardi, l’autore
del romanzo, rimane esente. Il libro concepito come uno sfogo contro
la moderna società capitalista ottiene uno straordinario successo di critica e
di pubblico: quello stesso mondo tanto ferocemente criticato, rende Luciano il Ribelle celebre
e apprezzato.
Ps. A titolo di esempio presenterò ora una serie di paradossi
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