Il panettone: Motta vs Alemagna


Prima puntata

Motta e Alemagna, duello per qualche panettone in più

Se nell’ultima puntata abbiamo parlato dell’origine antica del panettone oggi ci occuperemo delle vicende più recenti del Nostro.


Come esistono rivalità antropologiche inconciliabili fra Coppi e Bartali, fra Apple e Android, fra mio nonno e l’astemia,  allo stesso modo Motta e Alemagna si contesero per anni la palma del panettone più industriale della città.
I canditi vanno saldati uno a uno



Motta


La Motta fu fondata nel 1919 da Angelo Motta, giovane pasticcere nato a Gessate nel 1890 da Alessandro, cocchiere, e Rosa Motta, lavandaia.

Alessandro Motta come una mosca cocchiera protestava contro l'uso dei taxi

Come nei romanzi d’appendice il giovane volenteroso, grazie a un capitale d’avvio formato dagli scarsi risparmi materni, poté acquistare gli utensili necessari e affittare i locali in via della Chiusa.

Angelo Motta, trasfeitosi a Milano dalla provincia, dopo una dura nottata di lavoro

Il buon Angelo iniziò ben presto a confezionare il dolce natalizio a noi caro. Vari furono gli elementi che lo ingolosirono e lo portarono a concentrarsi sulla produzione di panettoni: l’amore per le bacche di gogi, il seitan essicato e la papaja con cui erano tradizionalmente prodotti i panettoni.


A metà degli anni Trenta la Motta, raggiunte ormai dimensioni industriali, era  leader del settore tanto da meritare il privilegio (ai tempi, s’intende…) di essere inclusa fra le tappe della visita ufficiale del Duce a Milano, accolto da «maestranze festanti» e dall’ex garzone di bottega, l’eccellentissimo e illustrissimo commendator Angelo Motta.

Piazza affollata dalle maestranze festanti

Alla fine della guerra la Motta, seconda impresa italiana di produzioni dolciarie dietro alla Venchi, cominciò anche la produzione di gelati confezionati.

Le linee produttive principali rimanevano però i prodotti da forno, panettone in testa, affiancato nel 1957 da una merendina pensata come piccolo panettone da produrre tutto l’anno e capace di coniugare leggerezza e golosità, la Buondì.


Dopo la morte di Angelo Motta (1957) iniziò una fase di crisi che portò l’azienda ad essere acquisita nel 1968 dall’IRI diventando cioè un’industria di Stato.

Per fare un grande panettone ci vuole una grande industria o industria grande?

I suoi panettoni furono definiti con intenti polemici panettoni di Stato da quanti non capivano l’importanza strategica e l’utilità per tutto il Paese del panettone.

Industria strategica per l'ambiente

Ci vorrebbe la mente contorta di un faccendiere o la finezza intellettuale di un economista per spiegare i  numerosi passaggi societari e complessi sembramenti  a cui la Motta dovette sottoporsi negli anni a seguire.

I prodotti Motta piaciono molto anche agli avvoltoi della finanza

Spiegazione che includerebbe obbligatoriamente sigle e società note a tutti come SME, Alivar, Unidal, Sidalm, Italgel, Nuova Forneria, Gruppo Dolciario Italiano.

Qui basti dire che dal  2009 la Bauli ha acquistato da Nestlè definitivamente (per ora) il marchio Motta. 

Sentiamo però l'opinione dell'etnologa Suzanne Nestlè: "Esclusa ovviamente la sezione gelati che divisa  in due sottomarchi ( Gelati Motta e Antica Gelateria Corso)  è stata  ceduta a  Froneri International (joint venture partecipata per il 50% dalla società R&R e per il restante 50% da Nestlé) esclusi ovviamente i marchi La Valle degli Orti, Mare Fresco e Surgela passati alla tedesca Frost, mentre il resto l’ha comprato mio nonno in una joint venture con i suoi amici del Bar sport….

Se negli anni la Motta sviluppò la produzione di nuove varianti vivaci e disinibite del panettone negli ultimi anni sembra essere ritornata all'origine come  si nota  anche dalla diversa strategia di comunicazione adottata.



Fra gli spot storici memorabili quello del Natale 1982. Da manuale fino  a metà cioè fino alla colata di cioccolato.


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